La dolcezza della resa
Molti uomini stabiliscono l’intensità della punizione in proporzione alla quantità e alla gravità delle infrazioni delle proprie compagne. Razionale e salomonico, ma con me non funziona. Perché la punizione mi coinvolga, io devo essere portata al limite.
Questo implica una lunga sessione di colpi vibrati con fermezza ed in rapida successione, che mi fa sperimentare tre fasi diverse.
Prima fase: ho ancora il dominio delle mie emozioni, le prendo con dignità, mantenendo la compostezza, e la posizione senza oppormi.
Quando il dolore si fa più intenso, entro nella seconda fase: comincio a muovermi, ad agitarmi, a gemere e ad opporre resistenza. A volte comincio a piangere.
Malgrado le apparenze, nella fase due non ne ho ancora avute abbastanza: il “lavoro” non è ancora concluso.
Interrompere la disciplina in questa fase impedisce il raggiungimento del risultato desiderato.
La terza fase è quella in cui arrivo al limite. Il mio atteggiamento cambia: tremo leggermente ma non mi agito più, non combatto né gemo, di solito piango sommessamente.
In quei momenti avverto una sensazione di intima resa, di grande tranquillità, quasi di trance.
Il mio corpo e la mia mente si sono completamente sottomessi all’autorità di mio marito. Appena tutto finisce, avverto l’urgenza di compiacerlo e di avere la sua approvazione, ho un forte bisogno della sua protezione e di intimità fisica con lui.
Dal punto di vista fisico ho generalmente il culetto bello rosso e dolorante per almeno un paio di giorni.